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Cocullo - Il Paese dei Serparidi Sergio ScacchiaSe consultassimo un atlante, individuare il paese di Cocullo sarebbe laborioso, incastonato com’è al confine tra la Marsica e la Valle Peligna. Però, chi prende la strada tortuosa e stretta che, in mezzo a mille curve, sovrasta le profonde gole del Sagittario, addentrandosi fra montagne selvose, rupi contorte a picco e pinnacoli danteschi, fino a giungere a questo borgo, tutto desta meraviglia. Il Parco Nazionale è distante pochi chilometri, con Villalago, il lago di Scanno e Passo Godi, luoghi turistici, dove non mancano ristoranti e alberghi.
Cocullo rimane, nel suo splendido isolamento, come sospeso nel tempo, luogo dove storia e natura si abbracciano idealmente, dove il visitatore viene sorpreso dai colori forti dell’ambiente e dagli scorci spettacolari di un borgo ricco di secoli d’esistenza. Mi fermai invece un’intera giornata nel “paese dei serpenti”.
Sì perché Cocullo è conosciuto con questo nome, ovunque vai. Qui ogni primo maggio, infatti, si svolgono i grandi riti folcloristici in onore di San Domenico, monaco benedettino, nato a Foligno e giunto, alle soglie del Mille in Abruzzo, dove fondò chiese e compì numerosi miracoli.
I cocullesi li chiamano proprio così, “ciaralli” questa sorta d’incantatori di rettili, eredi di quelli che un tempo erano ritenuti immuni dai morsi e dal veleno dei serpenti. Nell’antica Roma erano i “marsus”, maghi capaci di ordinare agli animali striscianti di stare quieti. Il cerimoniale di questa festa inedita è, da sempre, condito di atti propiziatori e superstiziosi che affondano le radici in un passato lontano del tipo, suonare la campanella all’interno della chiesa e tirando la cordicella con la bocca, rito che metterebbe il fedele al sicuro dal mal di denti, o ancora terra benedetta portata a casa e sparsa nei campi, che salverebbe i raccolti dagli animali nocivi, pani benedetti distribuiti da ragazze in costume che avrebbero virtù antirabbiche.
In ogni edizione, migliaia di pellegrini devoti, curiosi e turisti accorrono in questo minuscolo borgo per assistere allo spettacolo unico della statua adornata da serpenti che si aggrovigliano, in stile horror gotico, intorno all’immagine sacra. Il santo, tra le bisce che passeggiano intorno al collo e al petto, in processione con il paramento scuro da monaco, il pastorale, l’ondulato mantello di legno scolpito e verniciato, il gesto e lo sguardo sospeso, sembra raccogliere il bisogno di protezione del popolo devoto. È il simbolo del dominio di San Domenico sugli animali. L’enorme partecipazione popolare dà fortemente valore a una festa singolare che aiuta a non far morire uno dei tanti paesi a rischio di estinzione a causa dell’emigrazione. Cocullo, simbolo della più atavica cultura abruzzese, custodisce un interessante Centro di Documentazione sulle Tradizioni popolari che merita sicuramente una visita.
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