Io, fotografo malato d'Abruzzo Intervista al fotografo naturalista Bruno D'Amicis Bruno D’Amicis vive e lavora all’ombra delle montagne d’Abruzzo, anche se ha viaggiato in decine di Paesi esteri per i suoi progetti. Appassionato di natura sin da bambino, Bruno è laureato in Scienze Biologiche e fotografo naturalista professionista dal 2004, con uno spiccato interesse per i temi della conservazione degli ambienti naturali e della biodiversità. Le sue immagini sono state pubblicate in riviste (National Geographic, GEO, BBC Wildlife, Terre Sauvage, La Repubblica, etc.), libri, calendari sia a livello nazionale che internazionale. Bruno è stato invitato come speaker ad eventi prestigiosi come Wildphotos a Londra nel 2011, il Festival Internazionale della Fotografia Naturalistica della associazione tedesca GDT in Germania ed il convegno Europe Wilderness Days tenutosi in Georgia nel 2010. Egli si occupa soprattutto di progetti multimediali di fotografia, divulgazione e conservazione. Egli ha fatto parte della rosa di 60 fotografi partecipanti al progetto paneuropeo “Wild Wonders of Europe” e dal 2009 è membro dell’International League of Conservation Photographers. Per maggiori informazioni, potete visitare il suo sito: www.brunodamicis.com Un caro amico abruzzese una volta mi ha detto che l'Abruzzo è “come un abbraccio”, che ti si stringe attorno quando, arrivando in autostrada dalla Capitale, superi l'ultima galleria dopo Tagliacozzo e ti vedi l'imponente massa calcarea del Velino comparire davanti. Il contrario succede, ovviamente, quando l'abbandoni e le cime montuose si fanno pian piano più piccole nello specchietto retrovisore dell'auto. Le montagne abruzzesi mi hanno fatto scoprire la natura selvaggia, quando ancora non sapevo leggere. Le vacanze che, con i miei genitori, passavo in Abruzzo, erano di avventura e scoperta. Ho imparato a memoria i nomi di tutti gli uccelli della regione quando i miei amici imparavano quelli dei calciatori di serie A. Per il mio dodicesimo compleanno ho chiesto ai miei un binocolo e a sedici anni ho avvistato il mio primo orso. Da lì, il passo alla macchina fotografica è stato breve. Non so più quante volte ho percorso in auto l'A25 a 130Km/h o il sentiero della Val di Rose, da solo e in silenzio, per trovare i miei soggetti. Ho visto centinaia di albe sui monti e inquadrato decine di volte i camosci nel mirino della macchina fotografica. Mi sono ustionato al sole di luglio e inzuppato sotto un temporale di settembre. Ho fatto tesoro dei rari incontri con lupi e orsi e non ho mai rimpianto alcuna delle tante uscite a vuoto. Non c'é alcun altro posto sulla Terra dove io abbia potuto provare così tante emozioni. Questa terra è casa mia, senza avere mura né tetti. E, pertanto, capirete la rabbia e la sofferenza, vere, che provo quando vedo violentare questo territorio. Quando leggo di orsi avvelenati e di piani per nuovi, inutili, impianti da sci; quando le pale eoliche rendono angusti gli orizzonti e quando forze invisibili arrivano a inquinare l'acqua che si beve. Capirete che gli occhi, abituati a così tanta bellezza, mi fanno male di fronte all'ignoranza e alla distruzione. Ma se gli occhi si chiudono, allora gli incubi non svaniscono più e così io voglio vedere, fotografare e diffondere anche questo lato ombroso del cuore verde d'Italia. Sì, se sei malato di questa terra, è proprio una brutta storia. L'Abruzzo è un'amante generosa, infatti, che però ti fa anche soffrire |