Il titolo che sembra un gioco di parole equivoco invita a fantasticare ma, leggendo per intero il racconto se ne verrà a capo con tutta la chiarezza del caso.
Era il 28 novembre 2004, una delle tante domeniche che sono solito utilizzare per avventure in quota con gli amici di sempre. Sveglia alle 7, sguardo fuori dalla finestra e delusione totale. Davanti ai miei occhi il tipico paesaggio novembrino della Pianura Padana che mi ha dato i natali: nebbia con visibilità quasi nulla. Mi faccio forza, prendo lo zaino e mi reco a Teramo per il consueto appuntamento escursionistico coi 3 compagni d’avventura. A Teramo il cielo è coperto da una fitta coltre di nubi stratiformi, a tratti pioviggina ma la speranza è l’ultima a morire. Se nel teramano il tempo invita a tornare a casa, non è detto che anche nell’aquilano sia così, visto che il meteo non dava piogge per quella domenica. Ci mettiamo in viaggio verso L’Aquila, senza avere ancora in mente che escursione intraprendere e solo a metà strada, mi viene in mente il monte Le Quartora. Una posizione straordinaria dove il colpo d’occhio su L’Aquila doveva essere unico vista la vicinanza, immediatamente a sud del capoluogo abruzzese. Davanti a noi l’uscita del traforo del Gran Sasso, pronta ad emettere la sentenza meteorologica. Uno strazio, nebbia fitta come sulla Bologna Padova ed entusiasmo che finisce sotto le scarpe. L’unica consolazione, è che trattandosi di una giornata caratterizzata da un’indiscutibile inversione termica con freddo ed umidità intrappolate al suolo, 19 anni in Val Padana mi hanno insegnato anche questo, con tutta probabilità avremmo trovato una bellissima giornata in quota.

Attraversiamo la bella L’Aquila di un tempo e ci rechiamo a Roio Piano, base di partenza dell’escursione. Nessuno di noi poteva immaginare che da lì, a meno di 5 anni, sotto i nostri piedi si sarebbe scatenata la tragedia del 6 aprile 2009. Con visibilità pressoché nulla, ci avventuriamo a piedi per una carrareccia che attraversa il versante settentrionale del monte Le Quartora in lieve salita. Paesaggio fantasma in un boschetto rado e silenzio assoluto, solo dei pazzi deciderebbero di affrontare un’escursione in una giornata così.

Difficile beccare l’attacco del sentiero che sale verso il Valico di Campoli con quella visibilità e nonostante l’attenzione, ce lo perdiamo. Con cartina alla mano siamo più o meno nel punto giusto ma lo scopriremo solo salendo soprala fitta coltre di nebbia. Abbandoniamo la carrareccia e risaliamo il versante per prati, tipica salita spacca fiato e come per incanto, a quota 1200 m, una giornata spettacolare, calda e limpida. Sotto di noi un mare di nebbia e sopra, le vette del Gran Sasso che sembrano arcipelaghi in quella infinita distesa bianca.

Raggiungiamo il Valico di Campoli, scendiamo leggermente verso un suggestivo pianoro ed iniziamo a risalire la cresta ovest di monte Le Quartora, puntando verso l’enorme ripetitore che precede la vetta. Spettacolo mozzafiato e sempre più suggestivo man mano che si sale. Sotto a noi c’è L’Aquila, il monte Luco e la conca aquilana, ma in questa occasione non potremo vedere nulla. Tuttavia, camminare sopra un mare di nubi, non regala certo emozioni inferiori. Raggiungiamo i 1783 m del monte Le Quartora, pranzo in vetta e lieta sorpresa.

Un grifone passa sopra la nostra testa con l’inconfondibile enorme apertura alare. Decidiamo di proseguire oltre la vetta, scendendo leggermente verso il valico che la divide dal monte Ocre. Scenario magnifico che invita a scattare fotografie ma non finisce qui. Altri due grifoni in volo sopra L’Aquila, vengono verso di noi. Sono solo due puntini ma diventano sempre più grandi. Ci passano sopra la testa e tentiamo di fotografarli.

Quando rigiriamo lo sguardo verso L’Aquila, un’autentica flotta aerea costituita da almeno 20 grifoni, ci sorvola a distanza ravvicinata. Foto a raffica, alcuni di loro si posano addirittura 100 metri oltre la nostra postazione. Non li avevo mai visti così da vicino e soprattutto, non ne avevo mai visti così tanti insieme. Presto si allontanano puntando verso il monte Ocre e scomparendo in una miriade di puntini neri sempre più piccoli. Non avrei mai pensato che i grifoni, che volano abitualmente tra le vette del Velino e tra le pareti rocciose del Murolungo e la Val di Teve, potessero spingersi così lontano dalla loro postazione abituale. E’ stata un’esperienza unica, capitata in un giorno partito male e terminato alla grande. Sono tornato recentemente sul panoramicissimo monte Le Quartora, questa volta in una limpidissima giornata di fine inverno, attraversando quella Roio Piano col centro storico devastato dal terremoto e risalendo quella montagna dalle fondamenta tormentate, che tante emozioni ci ha regalato.

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